Domenica 17 novembre 2024 alle ore 18,30 nella sede ex Dispensa CiBus al Villaggio del fanciullo, in occasione dell’8^ Giornata Mondiale dei Poveri istituita da Papa Francesco, la Caritas diocesana di Matera-Irsina presenterà il progetto “La giustizia come salvezza”.
Il progetto è finanziato a valere sul programma “Aiutare chi aiuta: un sostegno alle nuove fragilità – Edizione 2023 – 2024 Bando “Giustizia con misericordia” finanziato da Caritas Italiana e Intesa San Paolo.
Il progetto “La giustizia come salvezza” della Caritas Diocesana di Matera-Irsina ha lo scopo di favorire l’inclusione sociale e lavorativa dei detenuti ed ex detenuti in particolare attraverso l’implementazione di una sartoria sociale esterna al carcere, in continuità e a supporto di quella interna.
Il titolo del progetto “Δικαιοσύνη (Dikaiosýne): la giustizia come salvezza” fa riferimento al concetto di giustizia (2 Tim. 3:16) quale caratteristica propria di Dio per cui più che osservanza di una legge, è soprattutto una caratteristica dell’essere. La dikaiosynē consente di assegnare alle cose il loro posto «giusto», «vero»: è il posto che spetta a ogni essere umano per sentirsi realizzato.
Il progetto quindi, partendo da questo concetto, intende mettere in atto un processo virtuoso affinchè l’esperienza della detenzione non sia solo una conseguenza della giustizia da attuarsi a fronte di una pena da scontare, ma strumento di salvezza perché la persona detenuta si realizzi e riscopra le proprie potenzialità.
Il tema della Giornata Mondiale dei Poveri di quest’anno, “La preghiera del povero sale fino a Dio” (cfr Siracide 21,5) di cui si riportano due passaggi significativi, “In questo anno dedicato alla preghiera, abbiamo bisogno di fare nostra la preghiera dei poveri e pregare insieme a loro. È una sfida che dobbiamo accogliere e un’azione pastorale che ha bisogno di essere alimentata. In effetti, «la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale. L’immensa maggioranza dei poveri possiede una speciale apertura alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede. L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria».
La preghiera, quindi, trova nella carità che si fa incontro e vicinanza la verifica della propria autenticità. Se la preghiera non si traduce in agire concreto è vana; infatti «la fede senza le opere è morta» (Gc 2,26). Tuttavia, la carità senza preghiera rischia di diventare filantropia che presto si esaurisce. «Senza la preghiera quotidiana vissuta con fedeltà, il nostro fare si svuota, perde l’anima profonda, si riduce ad un semplice attivismo» (Benedetto XVI, Catechesi, 25 aprile 2012). Dobbiamo evitare questa tentazione ed essere sempre vigili con la forza e la perseveranza che proviene dallo Spirito Santo che è datore di vita”, ci esorta proprio a collegare in maniera armoniosa i temi della povertà, dell’umiltà e della fede, affinchè si consideri che i “poveri”, nella loro vulnerabilità, spesso possiedono un’intuizione spirituale unica e una grande fiducia nella provvidenza divina. Ed è la provvidenza divina che in questi anni ha alimentato e tenuto vivo il sogno dei detenuti che ora prende forma.
Come Caritas, attraverso la pedagogia dei fatti, siamo chiamati a educare alla carità: ciò significa impegnarci e aiutarci reciprocamente, sia come singoli cristiani sia come comunità, a tradurre in azioni concrete il progetto di Dio. È racchiusa qui la logica di questo progetto.
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